Non sono un costituzionalista e nemmeno un esperto di diritto, mi sono semplicemente informato in vista del referendum che si terrà il prossimo 20 e 21 settembre, e confrontando le opinioni di chi sostiene il “Sì” alla riduzione del numero di parlamentari in Italia e chi sostiene il “No”, cioè rimanere con l’attuale numero, mi sono fatto una personale opinione che condivido sperando possa tornare utile in un dibattito serio sul tema.
Ho deciso che al referendum voterò “No” e tra le tante opinioni credo che quella presentata dallo stimato economista Carlo Cottarelli sulle pagine de La Stampa sia tra le più chiare e convincenti.
Il referendum, senza quorum, chiede di approvare la riforma che prevede, semplicemente, il taglio netto dei parlamentari che passano da 945 a 600. Nel dettaglio la Camera passa da 630 a 400 membri e il Senato da 315 a 200. Il risparmio di spesa pubblica stimato è di circa 100 milioni di euro all’anno, secondo i promotori del “Sì”; anche se lo stesso Cottarelli e l’Osservatorio sui conti pubblici italiani da lui diretto, stima in realtà un risparmio di circa 57 milioni di euro all’anno. In sostanza – scrive l’economista su La Stampa – il risparmio è equivalente allo 0,007 percento della spesa pubblica. Poca cosa dunque, e comunque questo seppur minimo risparmio sembrerebbe l’unica cosa positiva di questa riforma.
Efficienza?
Se vincerà il “Si” e verrà approvata la riforma, la riduzione dei parlamentari non porterà necessariamente a una maggiore efficienza del sistema. Le proposte di legge verrebbero comunque vagliate sia della Camera che dal Senato, per cui non c’è alcuna garanzia che i tempi di approvazione vengano ridotti. L’abolizione di una delle due camere avrebbe sicuramente ridotto i tempi ma questo non è oggetto dell’attuale referendum. A tal proposito, a chi sostiene che comunque il numero di parlamentari in Italia è troppo alto e tra i più alti del mondo, risponderei ancora una volta con le parole di Cottarelli che evidenzia come in Italia abbiamo due camere che fanno esattamente la stessa cosa. Se, nel fare confronti europei, teniamo conto di questo vincolo che non abbiamo voluto eliminare, allora il numero attuale di parlamentari appare ora solo di un centinaio sopra la norma, mentre col taglio proposto finiremmo per averne circa 230 sotto quanto appropriato in base ai confronti europei. Per approfondimenti sul punto consiglio questo articolo.
Maggiore garanzia di avere migliori parlamentari?
Sembra proprio di no, anzi.. Poiché questa riforma non è accompagnata con una seria modifica della legge elettorale, e questo credo sia l’errore più grande commesso dal Governo nel proporre adesso l’attuale referendum, i candidati alla Camera e al Senato verranno ancora scelti dai partiti tramite le liste bloccate e senza la possibilità di far esprimere le preferenze ai cittadini. Quindi la qualità dei parlamentari dipenderà ancora dalla serietà dei dirigenti di partito.
Infine, fino a qualche giorno fa pensavo che nella sostanza la vittoria del “Sì” o del “No” non avrebbe cambiato la vita dei cittadini italiani. Proprio perché quella presentata è una riforma solo a parole e non nei fatti, ero convinto che il giorno dopo al referendum tutto sarebbe rimasto com’è adesso e presto si sarebbe tornati a parlare di altri argomenti. Non consideravo però un aspetto che ancora una volta mi ha portato alla luce l’articolo di Cottarelli: mi sembra chiaro che un taglio dei parlamentari fatto in questo modo serva solo ad uno scopo: quello di consentire a certe parti politiche di vantare di aver fatto qualcosa di apparentemente fondamentale, quando, invece, si è fatto qualcosa di molto modesto e, nel complesso, dannoso. Non si dovrebbero spendere ingenti risorse politiche (…) per riforme che non sono essenziali e che sono pure mal fatte per apparire semplici. Qualcuno dirà: (…) ormai è troppo tardi per recuperare le risorse spese. Già, ma il sì al referendum incoraggerebbe nuovi tentativi dello stesso genere. Se al popolo italiano piace questo approccio, allora proseguiamo su questa strada (…) quella di riforme di facciata, di ricette semplicistiche più che semplici, spinte da slogan di facile comprensione. Se passa il sì, è il trionfo dell’apparenza sulla sostanza, dell’approssimazione sulla attenzione, delle cose fatte male su quelle fatte bene.